Stato Pontificio

Altre informazioni: Storia di Roma e Storia del Papato

OriginiModifica

Articoli principali: Ducato di Roma e Patrimonium Sancti Petri

Per i suoi primi 300 anni, all’interno dell’Impero Romano la Chiesa fu perseguitata e non riconosciuta, incapace di detenere o trasferire proprietà. Le prime congregazioni si riunivano in stanze riservate a tale scopo nelle case di individui benestanti, e un certo numero di chiese antiche, conosciute come chiese titolari e situate nella periferia della Roma antica, erano tenute come proprietà da individui, piuttosto che dalla Chiesa stessa. Ciononostante, le proprietà detenute nominalmente o effettivamente dai singoli membri delle chiese romane sarebbero di solito considerate come un patrimonio comune consegnato successivamente al legittimo “erede” di quella proprietà, spesso i diaconi anziani, che erano, a loro volta, assistenti del vescovo locale. Questo patrimonio comune legato alle chiese di Roma e quindi, sotto il suo vescovo dirigente, divenne piuttosto considerevole, comprendendo non solo case ecc. a Roma o nelle vicinanze, ma anche proprietà terriere, come i latifondi, in tutto o in parte, in tutta Italia e oltre.

Questo sistema cominciò a cambiare durante il regno dell’imperatore Costantino I, che rese legale il cristianesimo all’interno dell’Impero Romano, e gli restituì tutte le proprietà che erano state confiscate; nelle città più grandi dell’impero questo sarebbe stato piuttosto considerevole, e il patrimonio romano non è da meno. Il Palazzo del Laterano fu la prima nuova donazione significativa alla Chiesa, molto probabilmente un dono dello stesso Costantino.

Seguirono altre donazioni, principalmente nell’Italia continentale ma anche nelle province dell’Impero Romano. Tuttavia, la Chiesa deteneva tutte queste terre come un proprietario terriero privato, non come un’entità sovrana. In seguito alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, il papato si trovò sempre più in una posizione precaria e vulnerabile. Con la disintegrazione dell’autorità centrale romana nel corso del tardo V secolo, il controllo sulla penisola italiana cambiò ripetutamente di mano; sotto la sovranità ariana durante il regno di Odoacre e, più tardi, degli Ostrogoti, l’organizzazione della Chiesa in Italia, con a capo il papa, si sottomise di necessità alla loro autorità sovrana, pur affermando il suo primato spirituale su tutta la Chiesa.

I semi dello Stato Pontificio come entità politica sovrana furono piantati nel VI secolo. A partire dal 535, l’Impero Romano d’Oriente – chiamato dalla maggior parte degli storici Impero Bizantino per distinguere la politica grecofona e religiosamente ortodossa con sede a Costantinopoli dal suo predecessore cattolico e di lingua latina governato da Roma – sotto l’imperatore Giustiniano I, lanciò una riconquista dell’Italia che richiese decenni e devastò le strutture politiche ed economiche italiane. Nel 568 i Longobardi entrarono nella penisola da nord, stabilendo un regno italiano, e nei due secoli successivi avrebbero conquistato la maggior parte del territorio italiano riconquistato da Bisanzio. Nel VII secolo, l’autorità bizantina era in gran parte limitata a una fascia diagonale che andava all’incirca da Ravenna, dove si trovava il rappresentante dell’imperatore, o Esarca, a Roma e a sud fino a Napoli, più le exclavi costiere. A nord di Napoli, la fascia di controllo bizantino si restringeva e i confini del “corridoio Roma-Ravenna” erano estremamente stretti.

Con l’effettivo potere bizantino appesantito all’estremità nord-orientale di questo territorio, il papa, in quanto maggiore proprietario terriero e figura più prestigiosa in Italia, cominciò per default ad assumere gran parte dell’autorità di governo che i bizantini non erano in grado di proiettare nelle aree circostanti la città di Roma. Mentre i papi rimanevano legalmente “sudditi romani”, sotto l’autorità bizantina, in pratica il Ducato di Roma, un’area equivalente all’incirca all’odierno Lazio, divenne uno stato indipendente governato dal papa.

L’indipendenza della Chiesa, aiutata dal sostegno popolare al papato in Italia, permise a vari papi di sfidare la volontà dell’imperatore bizantino: Papa Gregorio II scomunicò persino l’imperatore Leone III durante la controversia iconoclasta. Ciononostante, il papa e l’esarca continuarono a lavorare insieme per controllare il crescente potere dei Longobardi in Italia. Con l’indebolimento del potere bizantino, però, il papato assunse un ruolo sempre più ampio nel proteggere Roma dai Longobardi, ma non avendo il controllo diretto su considerevoli risorse militari, il papa si affidò principalmente alla diplomazia per ottenere questo risultato. In pratica, questi sforzi papali servirono a concentrare l’aggressività longobarda sull’esarca e su Ravenna. Un momento culminante nella fondazione dello Stato Pontificio fu l’accordo sui confini incarnato nella Donazione di Sutri del re longobardo Liutprando (728) a Papa Gregorio II.

Donazione di PipinoModifica

Articolo principale: Donazione di Pipino

Quando l’Esarcato di Ravenna cadde definitivamente in mano ai Longobardi nel 751, il Ducato di Roma fu completamente tagliato fuori dall’Impero bizantino, di cui teoricamente faceva ancora parte. I papi rinnovarono i precedenti tentativi di assicurarsi l’appoggio dei Franchi. Nel 751 papa Zaccaria fece incoronare re Pipino il Breve al posto dell’impotente re figurato merovingio Childerico III. Il successore di Zaccaria, papa Stefano II, concesse in seguito a Pipino il titolo di Patrizio dei Romani. Pipino guidò un esercito franco in Italia nel 754 e nel 756. Pipino sconfisse i Longobardi – prendendo il controllo dell’Italia settentrionale – e fece un dono (chiamato la Donazione di Pipino) delle proprietà che costituivano l’Esarcato di Ravenna al papa.

Nel 781, Carlo Magno codificò le regioni su cui il papa sarebbe stato sovrano temporale: il ducato di Roma era la chiave, ma il territorio fu ampliato per includere Ravenna, il ducato della Pentapoli, parti del ducato di Benevento, Toscana, Corsica, Lombardia e un certo numero di città italiane. La cooperazione tra il papato e la dinastia carolingia culminò nell’800, quando Papa Leone III incoronò Carlo Magno come “Imperatore dei Romani”.

Rapporto con il Sacro Romano ImperoModifica

Vedi anche: Regno d’Italia (Sacro Romano Impero)

La natura precisa della relazione tra papi e imperatori – e tra lo Stato Pontificio e l’Impero – è controversa. Non era chiaro se gli Stati Pontifici fossero un regno separato con il papa come sovrano, semplicemente una parte dell’Impero franco su cui i papi avevano il controllo amministrativo, come suggerito nel trattato della fine del IX secolo Libellus de imperatoria potestate in urbe Roma, o se i Sacri Romani Imperatori fossero vicari del papa (come una sorta di Archemperor) che governavano la Cristianità, con il papa direttamente responsabile solo dei dintorni di Roma e dei doveri spirituali.

Gli eventi del IX secolo rimandarono il conflitto. Il Sacro Romano Impero nella sua forma franca crollò mentre veniva suddiviso tra i nipoti di Carlo Magno. Il potere imperiale in Italia scemò e il prestigio del papato diminuì. Questo portò ad un aumento del potere della nobiltà romana locale, e al controllo dello Stato Pontificio durante l’inizio del X secolo da parte di una famiglia aristocratica potente e corrotta, i Teofilatti. Questo periodo fu poi soprannominato il Saeculum obscurum (“età oscura”), e talvolta come il “dominio delle prostitute”.

In pratica, i papi non furono in grado di esercitare una sovranità effettiva sui territori estesi e montuosi dello Stato Pontificio, e la regione conservò il suo vecchio sistema di governo, con molte piccole contee e marchesati, ciascuno incentrato su una rocca fortificata.

Nella metà del X secolo, il sovrano tedesco Ottone I conquistò l’Italia settentrionale; Papa Giovanni XII lo incoronò imperatore (il primo incoronato così dopo più di quarant’anni) e i due ratificarono il Diploma Ottonianum, con il quale l’imperatore divenne il garante dell’indipendenza dello Stato Pontificio. Tuttavia, nei due secoli successivi, papi e imperatori litigarono su una varietà di questioni, e i governanti tedeschi trattarono abitualmente gli Stati Papali come parte dei loro regni nelle occasioni in cui proiettarono il potere in Italia. Mentre la riforma gregoriana lavorava per liberare l’amministrazione della Chiesa dalle interferenze imperiali, l’indipendenza dello Stato Pontificio aumentava di importanza. Dopo l’estinzione della dinastia Hohenstaufen, gli imperatori tedeschi raramente interferirono negli affari italiani. In risposta alla lotta tra guelfi e ghibellini, il Trattato di Venezia ufficializzò l’indipendenza dello Stato Pontificio dal Sacro Romano Impero nel 1177. Nel 1300, lo Stato Pontificio, insieme al resto dei principati italiani, era effettivamente indipendente.

Papato di AvignoneModifica

Articolo principale: Papato di Avignone
Il dominio dello Stato Pontificio c. 1430

Dal 1305 al 1378, i papi vissero nell’enclave papale di Avignone, circondata dalla Provenza e sotto l’influenza dei re francesi. Questo periodo era conosciuto come “Avignonese” o “Cattività Babilonese”. Durante questo periodo la stessa città di Avignone fu aggiunta allo Stato Pontificio; rimase un possedimento papale per circa 400 anni anche dopo il ritorno dei papi a Roma, fino a quando fu presa e incorporata nello stato francese durante la Rivoluzione Francese.

Durante questo papato avignonese, i despoti locali approfittarono dell’assenza dei papi per stabilirsi in città nominalmente papali: i Pepoli a Bologna, gli Ordelaffi a Forlì, i Manfredi a Faenza, i Malatesta a Rimini diedero tutti riconoscimento nominale ai loro signori papali e furono dichiarati vicari della Chiesa.

A Ferrara, la morte di Azzo VIII d’Este senza eredi legittimi (1308) incoraggiò papa Clemente V a porre Ferrara sotto il suo diretto dominio: tuttavia, essa fu governata dal suo vicario designato, il re Roberto di Napoli, solo per nove anni prima che i cittadini richiamassero gli Este dall’esilio (1317); interdetti e scomuniche furono vani: nel 1332 Giovanni XXII fu costretto a nominare tre fratelli estensi come suoi vicari a Ferrara.

Nella stessa Roma gli Orsini e i Colonna lottarono per la supremazia, dividendosi i rioni della città. La risultante anarchia aristocratica nella città fornì lo scenario per i fantastici sogni di democrazia universale di Cola di Rienzo, che fu acclamato Tribuno del Popolo nel 1347, e incontrò una morte violenta all’inizio di ottobre del 1354 quando fu assassinato dai sostenitori della famiglia Colonna. Per molti, piuttosto che un antico tribuno romano rinato, era diventato solo un altro tiranno che usava la retorica del rinnovamento e della rinascita romana per mascherare la sua presa di potere. Come afferma il Prof. Guido Ruggiero, “anche con il sostegno di Petrarca, il suo ritorno ai primi tempi e alla rinascita dell’antica Roma non sarebbe prevalso.”

L’episodio di Rienzo generò nuovi tentativi da parte del papato assente di ristabilire l’ordine nel dissolto Stato Pontificio, con il conseguente progresso militare del Cardinale Albornoz, che fu nominato legato papale, e dei suoi condottieri a capo di un piccolo esercito mercenario. Avendo ricevuto l’appoggio dell’arcivescovo di Milano e di Giovanni Visconti, sconfisse Giovanni di Vico, signore di Viterbo, muovendo contro Galeotto Malatesta di Rimini e gli Ordelaffi di Forlì, i Montefeltro di Urbino e i da Polenta di Ravenna, e contro le città di Senigallia e Ancona. Gli ultimi resistenti al pieno controllo papale furono Giovanni Manfredi di Faenza e Francesco II Ordelaffi di Forlì. Albornoz, sul punto di essere richiamato, in una riunione con tutti i vicari papali il 29 aprile 1357, promulgò le Constitutiones Sanctæ Matris Ecclesiæ, che sostituirono il mosaico di leggi locali e accumuli di “libertà” tradizionali con un codice uniforme di diritto civile. Queste Constitutiones Egidiane segnano uno spartiacque nella storia giuridica dello Stato Pontificio; rimasero in vigore fino al 1816. Papa Urbano V azzardò un ritorno in Italia nel 1367 che si rivelò prematuro; tornò ad Avignone nel 1370 poco prima della sua morte.

Il Palazzo del Quirinale, residenza papale e sede degli uffici civili dello Stato Pontificio dal Rinascimento fino alla loro annessione

RinascimentoModifica

Durante il Rinascimento, il territorio papale si espanse notevolmente, soprattutto sotto i papi Alessandro VI e Giulio II. Il papa divenne uno dei più importanti governanti secolari d’Italia oltre che il capo della Chiesa, firmando trattati con altri sovrani e combattendo guerre. In pratica, però, la maggior parte dello Stato Pontificio era ancora controllato solo nominalmente dal papa, e gran parte del territorio era governato da principi minori. Il controllo era sempre contestato; infatti ci volle fino al XVI secolo perché il papa avesse un vero controllo su tutti i suoi territori.

Le responsabilità papali erano spesso (come all’inizio del XVI secolo) in conflitto. Lo Stato Pontificio fu coinvolto in almeno tre guerre nei primi due decenni. Giulio II, il “Papa guerriero”, combatté per loro conto.

RiformaModifica

La Riforma iniziò nel 1517. Nel 1527, prima che il Sacro Romano Impero combattesse i protestanti, le truppe fedeli all’imperatore Carlo V saccheggiarono brutalmente Roma e imprigionarono Papa Clemente VII, come effetto collaterale delle battaglie per lo Stato Pontificio. Così Clemente VII fu costretto a cedere Parma, Modena e diversi territori minori. Una generazione dopo gli eserciti di re Filippo II di Spagna sconfissero quelli di papa Paolo IV sulle stesse questioni.

Questo periodo vide una graduale rinascita del potere temporale del papa negli Stati Pontifici. Nel corso del XVI secolo feudi virtualmente indipendenti come Rimini (un possedimento della famiglia Malatesta) furono riportati sotto il controllo papale. Nel 1512 lo Stato della Chiesa annesse Parma e Piacenza, che nel 1545 divenne un ducato indipendente sotto un figlio illegittimo di papa Paolo III. Questo processo culminò con la rivendicazione del ducato di Ferrara nel 1598, e del ducato di Urbino nel 1631.

Al suo massimo splendore, nel XVIII secolo, lo Stato Pontificio comprendeva la maggior parte dell’Italia centrale – Lazio, Umbria, Marche e le legazioni di Ravenna, Ferrara e Bologna che si estendevano a nord nella Romagna. Includeva anche le piccole enclavi di Benevento e Pontecorvo nell’Italia meridionale e il più grande Comtat Venaissin intorno ad Avignone nella Francia meridionale.

Epoca napoleonicaModifica

Mappa della penisola italiana nel 1796, che mostra lo Stato Pontificio prima che le guerre napoleoniche cambiassero il volto della penisola.

La rivoluzione francese colpì i territori temporali del Papato così come la Chiesa romana in generale. Nel 1791 la Francia rivoluzionaria annesse il Comtat Venaissin e Avignone. Più tardi, con l’invasione francese dell’Italia nel 1796, le Legazioni (i territori settentrionali dello Stato Pontificio) furono sequestrate e divennero parte della Repubblica Cisalpina.

Due anni dopo, le forze francesi invasero l’area rimanente dello Stato Pontificio e il generale Louis-Alexandre Berthier dichiarò una Repubblica Romana (febbraio 1798). Papa Pio VI fuggì a Siena, e morì in esilio a Valence (Francia) nel 1799. Il consolato francese restaurò lo Stato Pontificio nel giugno 1800 e il neoeletto Papa Pio VII prese la residenza a Roma, ma l’Impero francese sotto Napoleone invase nel 1808, e questa volta il 17 maggio 1809 il resto degli Stati della Chiesa furono annessi alla Francia, formando i dipartimenti di Tibre e Trasimène.

Dopo la caduta del sistema napoleonico nel 1814, il Congresso di Vienna restituì ufficialmente i territori italiani dello Stato Pontificio (ma non il Comtat Venaissin o Avignone) al controllo del Vaticano.

Dal 1814 fino alla morte di papa Gregorio XVI nel 1846, i papi seguirono una politica reazionaria nello Stato Pontificio. Per esempio, la città di Roma mantenne l’ultimo ghetto ebraico dell’Europa occidentale. Gli Stati Papali, nel 1870, furono gli ultimi paesi a interrompere la pratica di castrare giovani ragazzi promettenti dal punto di vista musicale, rendendoli castrati, che erano richiesti musicalmente. C’erano speranze che questo sarebbe cambiato quando Papa Pio IX (in carica 1846-1878) succedette a Gregorio XVI e iniziò a introdurre riforme liberali.

Unificazione italianaModifica

Articoli principali: Stato Pontificio sotto Papa Pio IX e Suddivisioni amministrative dello Stato Pontificio dal 1816 al 1871
Legame dello Stato Pontificio, emesso il 9 dicembre 1818.

Il nazionalismo italiano era stato alimentato durante il periodo napoleonico ma stroncato dall’accordo del Congresso di Vienna (1814-15), che cercò di ripristinare le condizioni pre-napoleoniche: la maggior parte dell’Italia settentrionale era sotto il dominio di rami minori degli Asburgo e dei Borboni. Lo Stato Pontificio nell’Italia centrale e il Regno Borbonico delle Due Sicilie nel sud furono entrambi restaurati. L’opposizione popolare al ricostituito e corrotto governo clericale portò a numerose rivolte, che furono soppresse dall’intervento dell’esercito austriaco.

Le rivoluzioni nazionaliste e liberali del 1848 interessarono gran parte dell’Europa. Nel febbraio 1849 fu dichiarata la Repubblica Romana, e il Papa Pio IX, fino ad allora liberale, dovette fuggire dalla città. La rivoluzione fu soppressa con l’aiuto francese nel 1850 e Pio IX passò a una linea di governo conservatrice.

Come risultato della guerra austro-sarda del 1859, la Sardegna-Piemonte si annetté la Lombardia, mentre Giuseppe Garibaldi rovesciò la monarchia borbonica nel sud. Temendo che Garibaldi potesse istituire un governo repubblicano, il governo piemontese presentò una petizione all’imperatore francese Napoleone III per ottenere il permesso di inviare truppe attraverso lo Stato Pontificio per ottenere il controllo del sud. Questo fu concesso a condizione che Roma fosse lasciata indisturbata.

Nel 1860, con gran parte della regione già in rivolta contro il dominio papale, la Sardegna-Piemonte conquistò i due terzi orientali dello Stato Pontificio e cementò la sua presa sul sud. Bologna, Ferrara, l’Umbria, le Marche, Benevento e Pontecorvo furono tutte formalmente annesse entro novembre dello stesso anno. Sebbene considerevolmente ridotto, lo Stato Pontificio copriva ancora il Lazio e vaste aree a nord-ovest di Roma.

La breccia di Porta Pia, a destra, nel 1870.

Si dichiarò un Regno d’Italia unificato e nel marzo 1861 il primo parlamento italiano, riunito a Torino, la vecchia capitale del Piemonte, dichiarò Roma capitale del nuovo Regno. Tuttavia, il governo italiano non poté prendere possesso della città perché una guarnigione francese a Roma proteggeva Papa Pio IX.

L’opportunità per il Regno d’Italia di eliminare lo Stato Pontificio venne nel 1870; lo scoppio della guerra franco-prussiana in luglio spinse Napoleone III a richiamare la sua guarnigione da Roma e il crollo del Secondo Impero francese nella battaglia di Sedan privò Roma del suo protettore francese.

Il re Vittorio Emanuele II puntava dapprima ad una conquista pacifica della città e propose di inviare truppe a Roma, con la scusa di offrire protezione al papa. Quando il papa rifiutò, l’Italia dichiarò guerra il 10 settembre 1870, e l’esercito italiano, comandato dal generale Raffaele Cadorna, attraversò la frontiera del territorio papale l’11 settembre e avanzò lentamente verso Roma.

L’esercito italiano raggiunse le Mura Aureliane il 19 settembre e mise Roma in stato di assedio. Sebbene il piccolo esercito del papa fosse incapace di difendere la città, Pio IX gli ordinò di opporre più di una resistenza simbolica per sottolineare che l’Italia stava acquisendo Roma con la forza e non con il consenso. Questo servì incidentalmente agli scopi dello Stato italiano e diede origine al mito della Breccia di Porta Pia, in realtà una banale vicenda che coinvolse un cannoneggiamento a distanza ravvicinata che demolì un muro di 1600 anni in cattivo stato di conservazione.

Papa Pio IX ordinò al comandante delle forze papali di limitare la difesa della città per evitare spargimenti di sangue. La città fu catturata il 20 settembre 1870. Roma e ciò che rimaneva dello Stato Pontificio fu annesso al Regno d’Italia come risultato di un plebiscito nell’ottobre successivo. Questo segnò la fine definitiva dello Stato Pontificio.

Nonostante il fatto che le potenze tradizionalmente cattoliche non venissero in aiuto del papa, il papato rifiutò la “Legge delle Garanzie” del 1871 e qualsiasi accordo sostanziale con il Regno Italiano, specialmente qualsiasi proposta che richiedesse al papa di diventare un suddito italiano. Invece il papato si limitò (vedi Prigioniero in Vaticano) al Palazzo Apostolico e agli edifici adiacenti nell’anello delle antiche fortificazioni noto come Città Leonina, sul colle Vaticano. Da lì mantenne un certo numero di caratteristiche attinenti alla sovranità, come le relazioni diplomatiche, poiché nel diritto canonico queste erano inerenti al papato.

Negli anni ’20, il papato – allora sotto Pio XI – rinunciò alla maggior parte dello Stato Pontificio. Il Trattato Lateranense con l’Italia (allora governata dal Partito Nazionale Fascista sotto Benito Mussolini) fu firmato l’11 febbraio 1929, creando lo Stato della Città del Vaticano, formando il territorio sovrano della Santa Sede, che fu anche indennizzata in qualche misura per la perdita del territorio.

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