Alberto Magno, San

Vescovo domenicano, Dottore della Chiesa, patrono degli scienziati e filosofo; nato a Lauingen sul Danubio, vicino a Ulm, Germania, intorno al 1200; morto a Colonia il 15 novembre 1280; variamente chiamato Albertus Magnus, Alberto di Lauingen, Alberto di Colonia e Alberto il Tedesco; onorato con i titoli scolastici di Doctor universalis e Doctor expertus. Sebbene a pieno titolo Alberto fosse una figura di spicco del Medioevo, è meglio conosciuto come insegnante di San Tommaso d’Aquino e come sostenitore dell’aristotelismo all’Università di Parigi. Unì l’interesse e l’abilità nelle scienze naturali alla competenza in tutti i rami della filosofia e della teologia.

LIFE

Vita precoce. Alberto era il figlio maggiore di un potente e ricco signore tedesco di rango militare. Dopo la sua formazione elementare, studiò le arti liberali a Padova, mentre suo padre combatteva al servizio di Federico II in Lombardia. All’inizio dell’estate del 1223, Giordano di Sassonia, il successore di Domenico come maestro generale dell’Ordine dei Predicatori, venne a Padova nella speranza di portare i giovani nell’ordine con la sua predicazione. All’inizio trovò “gli studenti di Padova estremamente freddi”, ma ben presto dieci di loro chiesero l’ammissione, “tra cui due figli di due grandi signori tedeschi; uno era un prevosto maresciallo, carico di molti onori e in possesso di grandi ricchezze; l’altro ha rinunciato a ricchi benefici ed è veramente nobile nella mente e nel corpo” (Jordan, Epistolae 20). Quest’ultimo è sempre stato identificato come Alberto di Lauingen.

Dopo aver superato la feroce opposizione della sua famiglia, entrò nel noviziato e poi fu mandato in Germania a studiare teologia. Poco dopo il 1233 fu nominato docente di teologia nel nuovo priorato di Hildesheim, poi, successivamente, a Friburgo in Brisgovia, a Ratisbona per due anni e a Strassburg. Durante questi anni scrisse il suo trattato De natura boni, influenzato in gran parte da Ugo di Saint-Victor e Guglielmo di Auxerre.

Insegna a Parigi. Intorno al 1241 fu inviato all’Università di Parigi per prepararsi al master in teologia. Il clima intellettuale di Parigi, “la città dei filosofi”, era molto diverso dalla sua nativa Germania, perché qui incontrò il “nuovo Aristotele”, recentemente tradotto dal greco e dall’arabo, e la ricchezza del sapere arabo introdotto dalla Spagna. Alberto arrivò a Parigi proprio quando i commentari di Averroè su Aristotele stavano diventando disponibili. Presso il convento domenicano di St. Jacques, soddisfò i requisiti universitari per il baccellierato in teologia, tenendo per due anni una lezione cursoria sulla Bibbia, rispondendo nelle dispute, e poi esponendo le Sentenze di Pietro Lombardo per due anni (c. 1243-45), ma Alberto era più interessato ad acquisire il nuovo sapere che a dare lezioni sulle Sentenze. Nel 1245 si iscrisse come maestro di teologia sotto Guéric di San Quintino, e continuò a insegnare come maestro nella cattedra domenicana “per stranieri” fino alla fine dell’anno accademico 1248. Alberto fu, infatti, il primo domenicano tedesco a diventare maestro.

Molto probabilmente fu a Parigi che iniziò la sua monumentale presentazione dell’intero sapere umano all’Occidente latino, parafrasando e spiegando tutte le opere conosciute di Aristotele e pseudo-Aristotele, aggiungendo contributi dagli arabi, e persino interamente “nuove scienze” (Phys. 1.1.1). Apparentemente incaricato dai suoi confratelli più giovani di spiegare per iscritto la Fisica di Aristotele, egli si impegnò a spiegare sistematicamente tutti i rami delle scienze naturali, della logica, della retorica, della matematica, dell’astronomia, dell’etica, dell’economia, della politica e della metafisica. “La nostra intenzione”, disse, “è di rendere tutte le suddette parti del sapere intelligibili ai latini” (ibid.). Questo vasto progetto richiese circa 20 anni per essere completato ed è una delle meraviglie dell’erudizione medievale. Mentre vi lavorava, ebbe probabilmente tra i suoi discepoli il giovane Aquinate, che arrivò a Parigi nell’autunno del 1245.

Anni in Germania e in Italia. Nell’estate del 1248 Alberto fu inviato a Colonia per organizzare e presiedere il primo studium generale in Germania, che era stato autorizzato dal capitolo generale domenicano in giugno. A Colonia dedicò tutte le sue energie all’insegnamento, alla predicazione, allo studio e alla scrittura fino al 1254. Tra i suoi discepoli in questo periodo c’erano Tommaso d’Aquino, che studiò sotto Alberto (1245-52), e Ulrico di Strassburg. Nel 1253 Alberto fu eletto provinciale dei domenicani tedeschi, una posizione che ricoprì fedelmente per tre anni. Nonostante gli oneri amministrativi, la visita annuale di ogni priorato e convento, e i lunghi viaggi a piedi, continuò la sua prolifica scrittura e la ricerca scientifica nelle biblioteche, nei campi, nelle miniere e nelle località industriali.

Nel 1256 era nella curia papale ad Anagni con Aquino e Bonaventura per difendere la causa degli ordini mendicanti contro gli attacchi di William di Saintamour e altri maestri secolari. Qui tenne anche una disputa contro la dottrina averroista sull’intelletto (vedi intelletto, unità di). Tenne lezioni alla curia sull’intero Vangelo di San Giovanni e su alcune delle Epistole; per questo motivo è elencato tra i “Maestri del Sacro Palazzo”. Rinunciando alla carica di provinciale, riprese l’insegnamento a Colonia (1257-60). Nel 1259 il capitolo generale chiese a lui e ad altri quattro maestri di teologia di redigere un piano di studi da seguire in tutto l’ordine.

Alla fine dello stesso anno irregolarità nella diocesi di Ratisbona portarono alla nomina di Alberto come successore del vescovo rimosso. La sua stessa riluttanza e le suppliche di Umberto di Romani, generale dell’ordine, non ebbero alcun effetto. Il 5 gennaio 1260, Alessandro IV ordinò la sua installazione come vescovo di Ratisbona. Con l’assestamento delle condizioni in questa diocesi e l’elezione di un nuovo papa, fu in grado di dimettersi nel 1262; scelse poi la casa di studi di Colonia come residenza. Alberto riprese volontariamente l’insegnamento, ma l’anno seguente gli fu ordinato da Urbano IV di predicare la crociata in Germania e in Boemia (1263-64). Dal 1264 al 1266 visse nella casa domenicana di Würzburg. Nel 1268 era a Strassburg, e dal 1269 fino alla sua morte risiedette a Colonia, scrivendo nuove opere e revisionando quelle precedenti.

Solo altre due volte, per quanto si sa, intraprese lunghi viaggi da Colonia. Prese parte al Concilio di Lione nel 1274, e nel 1277 si recò a Parigi, al culmine della controversia averroista, per prevenire la frettolosa condanna di certe dottrine aristoteliche che sia lui che Tommaso (morto nel 1274) ritenevano vere (vedi averroismo, latino; forme, unicità e pluralità di). Quest’ultimo viaggio fu apparentemente un fallimento. Qualche tempo dopo aver redatto le sue ultime volontà e il testamento nel gennaio 1279, la sua salute e la sua memoria cominciarono a venirgli meno. Indebolito da molteplici fatiche, austerità e veglie, morì all’età di “ottant’anni o più”, per citare Bartolomeo di Lucca e Bernardo Gui. Il suo corpo fu deposto nella chiesa domenicana di Colonia, dove rimane ancora oggi.

Culto e canonizzazione. Non solo Alberto fu l’unico uomo dell’Alto Medioevo ad essere chiamato “il Grande”, ma questo titolo fu usato anche prima della sua morte (Annal. Basil., Monumenta Germaniae Historica: Scriptores 17:202). Molto prima della canonizzazione di Tommaso nel 1323, il prestigio di Alberto era ben consolidato. siger di brabante, un contemporaneo, considerava Alberto e Tommaso “i principali uomini della filosofia” (De anim. intel. 3). Nelle parole di Ulrico di Strassburg, Alberto era “un uomo così superiore in ogni scienza, che può essere giustamente chiamato la meraviglia e il miracolo del nostro tempo” (Sum. de bono 4.3.9).

In Germania è sempre esistita una profonda devozione per il venerabile vescovo. Fu beatificato da Gregorio XV nel 1622. Con il decreto In Thesauris Sapientiae (16 dicembre 1931) Pio XI lo dichiarò santo della Chiesa universale con il titolo aggiuntivo di dottore. Nel solenne decreto Ad Deum (16 dicembre 1941) Pio XII lo costituì patrono celeste di tutti coloro che coltivano le scienze naturali.

DOCTRINA

Aristotelismo. I secoli cristiani precedenti ad Alberto furono fondamentalmente agostiniani nella filosofia e nella teologia, trasmettendo il platonismo cristiano dei Padri attraverso i monasteri e le scuole (vedi platonismo). Le traduzioni latine del XII secolo di Avicenna, Avicebron, Costa Ben Luca, Isaac Israeli, e il Liber de causis, insieme alle parafrasi di Dominic Gundisalvi, potevano essere facilmente adattate alla filosofia cristiana, poiché il pensiero platonico era un elemento comune. Quando il nuovo Aristotele raggiunse le scuole, le oscure versioni latine dello Stagirita dall’arabo e dal greco furono studiate e insegnate con ogni aiuto a portata di mano, compresi Giovanni Scoto Erigena, Avicenna, Avicebron e Agostino. I primi insegnanti dei libri aristotelici a Parigi, Amalric di BÈne e David di Dinant, fecero di Aristotele un panteista, e incorsero in una meritata censura finché il nuovo Aristotele non poté essere esaminato più attentamente. I maestri successivi della facoltà di arti, come robert grosseteste, john blund, adam di buckfield, Geoffrey di Aspall, robert kilwardby e rogerbacon, furono più ortodossi, anche se interpretarono Aristotele attraverso l’insegnamento di Avicenna e alla maniera platonista.

C’è tuttavia una divergenza fondamentale tra le opinioni platoniche e aristoteliche, in particolare riguardo al pensiero scientifico e alla natura dell’uomo. Per Platone, lo studio della natura non è strettamente scientifico, ma solo problematico, una “storia probabile”; per la certezza si deve andare alla matematica, e quindi alla contemplazione delle forme pure nella metafisica. Inoltre, Platone concepisce l’uomo come un’anima imprigionata in un corpo, piuttosto che un unico composto di corpo e anima. Aristotele, d’altra parte, considerava lo studio della natura come autonomo nel suo proprio dominio, indipendente dalla matematica e dalla metafisica, degno di essere perseguito nel suo proprio diritto, e veramente “scientifico” nel senso tecnico impiegato dai greci. Inoltre, Aristotele fu il primo ad elaborare pienamente la dottrina della potenza e dell’atto, usandola per spiegare come il corpo e l’anima dell’uomo costituiscano un’unità assoluta nella natura. L’arrivo dei commentari di Averroè nelle scuole dopo il 1230 contribuì a far emergere la differenza tra i due greci, poiché Averroè era il più aristotelico dei commentatori arabi.

Tra gli scolari latini, Alberto fu il primo a far proprio l’approccio aristotelico al mondo fisico e a difenderne l’autonomia contro “l’errore di Platone” (Meta. 1.1.1, et passim ) sostenuto dai suoi contemporanei. In senso stretto, le esposizioni di Alberto su Aristotele non sono né commentari né parafrasi; sono davvero opere originali in cui “la vera visione dei filosofi peripatetici” viene riscritta, le opinioni errate confutate, le nuove soluzioni proposte e le osservazioni personali (experimenta) incorporate. Questa, almeno, era l’opinione dei contemporanei di Ruggero Bacone a Parigi, che pensavano che “ora una filosofia completa è stata data ai latini, e composta in lingua latina” (Opus tertium 9). Per questo motivo, come ci dice Bacone, le opinioni di Alberto avevano tanta autorità nelle scuole quanto quelle di Aristotele, Avicenna o Averroè, “ed egli è ancora vivo e ha avuto nella sua vita un’autorità che l’uomo non ha mai avuto nella dottrina” (ibid. ).

Metodo scientifico. Eppure Alberto non seguì ciecamente l’autorità di Aristotele. Nelle sue opere filosofiche come in quelle teologiche, non esita a respingere certe opinioni, come l’eternità del mondo e l’animazione delle sfere, e gli errori di osservazione. “Chi crede che Aristotele fosse un dio, deve anche credere che non abbia mai sbagliato; ma se si crede che Aristotele fosse un uomo, allora senza dubbio era soggetto a errori come noi” (Phys. 8.1.14). In materia di scienza sperimentale, rifiuta spesso una supposta osservazione dello Stagirita, dicendo che è contraria alle sue stesse osservazioni (Meteor. 3.4.11, Animal. 23.1.1. 104, ecc.). Nel suo trattato sulle piante insiste: “L’esperimento è l’unica guida sicura in queste indagini” (Veg. 6.2.1). Nella pratica come nella teoria, si rese conto che “lo scopo della scienza naturale non è semplicemente quello di accettare le affermazioni di altri, ma di indagare le cause che sono all’opera nella natura” (Mineral. 2.2.1).

Alberto fu uno studente instancabile della natura, e si applicò così sedulamente che fu accusato di trascurare le scienze sacre (henry of ghent, De script. eccles. 2.10). Anche durante la sua vita circolavano incredibili leggende che gli attribuivano il potere di un mago o di uno stregone. Nelle generazioni successive tali leggende si moltiplicarono e trattati spuri furono diffusi sotto il suo nome. La vera influenza di Alberto, sentita in tutto il Rinascimento, deriva dal suo stabilire lo studio della natura come una scienza legittima nella tradizione cristiana. vedi scienza (nel Medioevo).

Teologia sacra. In teologia non ebbe lo stesso successo del suo illustre discepolo nel presentare una nuova sintesi. La famosa Summa dell’Aquinate è una perfetta applicazione degli Analitici Posteriori di Aristotele al deposito della fede, impiegando fin dall’inizio le profonde implicazioni dei principi metafisici aristotelici. Questo non si può dire delle opere teologiche di Alberto. Ciononostante queste sono eccezionali nella letteratura medievale per la loro solida erudizione, l’ampiezza della ricerca e la chiarezza della presentazione. Considerando l’ambiente in cui scrisse, è molto significativo che egli difese con forza la distinzione tra il regno della rivelazione e quello della ragione umana (vedi fede e ragione).

A differenza di molti dei suoi contemporanei, egli difese l’autonomia dell’indagine filosofica, insistendo che nessuna verità della ragione poteva contraddire la rivelazione. Allo stesso tempo, mantenne la superiorità della rivelazione e il diritto dei teologi di usare tutta la conoscenza umana per cercare i misteri divini. Questa visione fu continuata dall’Aquinate e da altri, così che oggi è parte integrante della teologia cattolica.

Albertisti. Tra gli allievi immediati di Alberto, oltre all’Aquinate e a Ulrich di Strassburg, vanno annoverati anche Ugo di Strassburg, Giovanni di Friburgo, Giovanni di Lichtenberg e Giles di Lessines. Altri domenicani tedeschi favorevolmente disposti verso il pensiero neoplatonico svilupparono elementi mistici nell’insegnamento di Alberto. Questi furono trasmessi attraverso Teodorico di Freiberg e Berthold di Mosburg a Meister Eckhart e ad altri mistici del XIV secolo, cioè Johannes Tauler, Henry Suso e Jan van Ruysbroeck. Nel XV secolo, piccoli gruppi di pensatori a Parigi e Colonia, identificandosi come “Albertisti”, crearono una scuola filosofica in opposizione al tomismo. Fondati da Heymericus de Campo (Van de Velde), si opposero all’insegnamento tradizionale tomista sulla distinzione reale tra essenza ed esistenza, così come a quello sugli universali. In questo modo essi tornarono effettivamente all’insegnamento di Avicenna, e fecero ampio uso dei commenti di Alberto al Liber de Causis e alle opere di pseudodionigi.

Che l’insegnamento di Alberto non sia da identificare completamente con quello del suo famoso allievo è chiaro dalla sua risposta alle 43 domande di Giovanni di Vercelli (43 Problemata determinata ), uno dei suoi ultimi scritti. Alcuni hanno persino ritenuto che un quidam occasionale nelle opere di Alberto sia un riferimento denigratorio a Tommaso, ma nel complesso c’è un ampio accordo dottrinale tra maestro e allievo. Questo ha portato ad una graduale assimilazione della tradizione albertista all’interno dell’Ordine Domenicano nella corrente principale del tomismo, con il risultato che l’albertismo e il tomismo sono diventati praticamente indistinguibili.

SCRITTI

La reputazione di Alberto era così diffusa che non solo le sue opere autentiche erano frequentemente copiate in manoscritto e abbondantemente riprodotte a stampa, ma un numero incredibile di opere spurie, alcune addirittura fantastiche, gli sono state attribuite. D’altra parte molte opere note per essere state scritte da lui non sono ancora state scoperte. Sono state pubblicate due edizioni di “opere complete”: una a Lione nel 1651, in 21 volumi in folio a cura di Peter Jammy, OP; l’altra a Parigi (Vivès), 1890-99, in 38 volumi in quarto a cura dell’abbé Auguste Borgnet, della diocesi di Reims. Il primo volume di una nuova edizione critica che comprenderà 40 volumi, sotto la direzione di Bernhard Geyer, presidente dell’Istituto Albertus Magnus di Colonia, è apparso nel 1951. La seguente lista indica il volume dell’edizione Borgnet (B), e il volume attuale o previsto dell’edizione di Colonia (C). Le date tra parentesi sono le date certe o probabili di composizione.

Logica. Super Porphyrium de 5 universalibus, B.1, C.1; De praedicamentis, B.1, C.1; De sex principiis, B.1, C.1; De divisione, C.1; Peri hermeneias, B.1, C.1; Analytica priora, B.1, C.2; Analytica posteriora, B.2, C.2; Topica, B.2, C.3; De sophisticis elenchis, B.2, C.3 .

Scienze naturali. Physica, B.3, C.4 ; De caelo et mundo, B.4, C.5 ; De natura locorum, B.9, C.5 ; De causis proprietatum elementorum, B.9, C.5 ; De generatione et corruptione, B.4, C.5 ; Meteora, B.4, C.6 ; Mineralia, B.5, C.6 ; De anima, B.5, C.7 ; De nutrimento, B.9, C.7 ; De intellectu et intelligibili, B.9, C.7 ; De sensu et sensato, B.9, C.7 ; De memoria, B.9, C.7 ; De somno et vigilia, B.9, C.7 ; De spiritu et respiratione, B.9, C.7 ; De motibus animalium, B.9, C.7 ; De aetate, B.9, C.7 ; De morte et vita, B.9, C.7 ; De vegetabilibus et plantis, B.10, C.8 ; De animalibus, B.11-12, C.9-1 ; De natura et origine animae, B.9, C.12 ; De principiis motus processivi, B.10, C.12 ; QQ. super de animalibus, C.12

Scienze morali. Ethica, B.7, C.13 ; Super Ethica commentum et quaestiones, C.14 ; Politica, B.8, C.15 .

Metafisica. Metaphysica, B.6, C.16 ; De causis, B.10, C.17 ; De unitate intellectus, B.9, C.17 ; De 15 problematibus, C.17 ; 43 Problemata determinata, C.17 .

Scrittura sacra. Super Iob, C.18 ; Super Isaiam, C.19; Super Ieremiam (frag.), C.20; Super Threnos, B.18, C.20; Super Baruch, B.18, C.20; Super Ezechielem (frag.), C.20; Super Danielem, B.18, C.20; Super Prophetas minores, B.19, C.20; Super Mattheum, B.20-21, C.21 ; Super Marcum, B.21, C.22 ; Super Lucam, B.22-23, C.23 ; Super Ioannem, B.24, C.24 . I commenti di Alberto su San Paolo e sull’Apocalisse non sono stati ancora trovati; l’Apocalisse stampata è spuria.

Teologia sistematica. De natura boni, C.25 ; Super 4 sententiarum, B.25-30, C.29-32 ; QQ. theologicae, C.25 ; De sacramentis, De incarnatione, De resurrectione, C.26 ; De 4 coaequaevis, B.34, C.26 ; De homine, B.35, C.27 ; De bono, C.28 ; In corpus Dionysium, B.14, C.36-37 ; Summa theologiae, B.31-33, C.34-35 ; De mysterio missae, B.38, C.38 ; De corpore domini, B.38, C.38 .

Sermoni e lettere. C.39 (vedi J. P. Schneyer).

Opere spurie e dubbie. C.40. È certo che Alberto scrisse di matematica, astronomia e retorica, ma questi scritti non sono ancora stati trovati. Tra le opere sicuramente spurie, le più note sono il Compendium theologiae veritatis, B.34, che è di Ugo di Strassburg; De laudibus B. Mariae Virginis, B.36; Mariale, B.37; Biblia Mariana, B.37; il De secretis naturae, De secretis mulierum, e altre opere occulte. L’autenticità di molte altre opere è ancora contestata tra gli studiosi, principalmente quella dello Speculum astronomiae.

Festa: 15 novembre.

Vedi anche: tomismo; scolastica; neoplatonismo.

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