Il significato dell’occhio mancante di Odino.
La maggior parte delle persone ha familiarità con l’effigie di Odino a cui manca un occhio, potresti averla vista su gioielli, magliette o altri tipi di abbigliamento vichingo. Ma sai come ha fatto a perderlo o, cosa più importante, cosa significa e come si applica alla tua vita quotidiana?
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Affondiamo un po’ di più in uno degli sguardi e dei sacrifici più iconici di Odino per imparare di più su cosa il mito vichingo può insegnarci su noi stessi. Ma prima di tutto, cominciamo da come ha perso l’occhio. Un attributo che definisce Odino è la sua incessante ricerca della conoscenza e come fosse disposto a non fermarsi davanti a nulla per ottenerla. Sapeva anche che maggiore era la conoscenza, maggiore era il sacrificio necessario per ottenerla. Per esempio, la sua impiccagione all’albero del mondo Yggdrasil mentre si pugnalava con una lancia rivelò il segreto delle rune.
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Ma il sacrificio che divenne un punto fermo del suo volto moderno deriva dalla sua ricerca della conoscenza di tutte le cose. Per questo, si recò al Pozzo di Urd che si trovava tra le radici dell’albero del mondo e le cui acque avevano il potere di dare a chi le beveva una comprensione completa del cosmo e dei suoi abitanti. Ma quando arrivò al pozzo scoprì che era custodito da Mimir, che era l’essere più sapiente dell’universo.
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Mimir ottenne questo status bevendo l’acqua del pozzo, e Odino ne voleva un po’. Quando chiese a Mimir, che era anche il guardiano del pozzo, un po’ d’acqua, fu incaricato di un sacrificio. Odino dovette offrire uno dei suoi occhi in cambio di una bevuta dal pozzo, conoscendo la passione di Odino per la conoscenza non deve aver esitato e ha acconsentito. Si cavò l’occhio e lo gettò nel pozzo. Mimir riconobbe il sacrificio e prese un po’ d’acqua dal pozzo dal suo corno consegnandolo a Odino. E così nacque il “Dio con un occhio solo”.
¿Cosa possiamo imparare da questo mito? Questa è una straordinaria metafora di come si acquisisce la vera conoscenza. Siamo abituati a cercare il significato all’esterno, con i nostri sensi. Guardiamo il mondo e cerchiamo di dargli un senso, e la conoscenza può essere acquisita in questo modo, ma questo può mostrarci solo la superficie delle cose. Per capire veramente il mondo, dobbiamo prima capire noi stessi, ed è guardando dentro di noi che questo si ottiene. Dobbiamo “sacrificare” una modalità di percezione per ottenerne un’altra. In altre parole, dobbiamo tenere un occhio sul mondo mondano, materiale, e l’altro sempre rivolto a noi stessi. Conoscere se stessi è conoscere l’universo, prendendosi il tempo per analizzare come stiamo crescendo o meno, in relazione e come reazione a ciò che accade fuori di noi ci aiuterà a crescere come persona, questa è la vera saggezza.